Esperienze sperimentali di fruizione del patrimonio ambientale e del tessuto urbano

Video lezione n°3_ Alfabeti spaziali

Abbiamo già parlato di quanto sia problematico imparare a vedere lo spazio; per lo più  vediamo ciò che sappiamo riconoscere e tutto ciò che è nuovo o molto lontano dalle nostre aspettative, esperienze pregresse, attitudini e visione del mondo difficilmente siamo in grado di vederlo. In un certo senso brancoliamo in uno spazio cieco con alcuni puntI di riferimento che ci guidano e orientano nel mondo. 

Diversi anni fa, quando ho cominciato a lavorare in contesti montani, mi sono imbattuta in un insettino che fa qualcosa di molto simile nel corso della propria esistenza, l’hips typographus. Nasce dalla larva nella corteccia di un albero e trascorre tutta la sua vita al suo interno, scavando gallerie che disegnano fantastiche “scritture” nel legno e nella corteccia; per questo viene chiamato “il tipografo”; scavata una galleria laterale, torna suoi suoi passi, rientra nella traiettoria principale, da lì avanza ancora un pochino e ne scava una seconda e poi una terza. Esce da lì solo per andare a depositare le uova nell’albero vicino, dove muore. 

A parte il fatto che questa “verbosità” costa la vita agli alberi infestati, quando lo incontrai mi chiesi come sarebbe stato poter vedere il segno del proprio percorso di vita e se anche l’uomo, senza rendersene conto, compia percorsi così “razionali”. 

E’ iniziato così il lavoro sulla tracciatura dei percorsi delle persone nel planisfero, i loro viaggi nel corso della loro vita…. Ma non solo. Era estremamente interessante ad esempio vedere come la disposizione degli interni dei vari luoghi determinava forme simili a quelle del tipografo, come nel caso di un’aula magna o sala predisposta per una presentazione, o altre forme, nelle quale tutti i partecipanti erano “costretti”(“Hips typographus” performance realizzata a Langeland, Danimarca a cura del Parco di Tickon).

Dunque la ripetitività del percorsi che si possono compiere in un luogo fa sì che un insieme di segni lo possano rappresentare; i segni di quei percorsi significano quel luogo. Di fatto i percorsi che le percorsone possono fare al loro interno non sono infiniti e tanto quanto una planimetria essi sono specifici di quegli spazi; sono di fatto degli “alfabeti spaziali” propri dei luoghi.

Non da meno i percorsi di vita che le persone fanno quotidianamente sono ripetitivi, così non abbiamo solo degli alfabeti dei luoghi, cioè i percorsi specifici di un dato luogo,  ma anche degli alfabeti spaziali delle persone: ogni persona ha i propri, che cambiano e si arricchiscono nel tempo.

Da almeno 12 anni registro gli alfabeti spaziali che incontro, sia come forma di ricerca personale sia come esercizio che propongo ad altri. 

Nella fruizione del patrimonio paesaggistico questo modo di guardare cambia molte cose, ne cito qui alcune, in un elenco non esaustivo che via via collezione e arricchisco:

  • Mettere in scacco la propria “selettività”: se si riproduce in un luogo che non si conosce il percorso che compiamo tra casa e scuola o tra casa e lavoro, o qualsiasi altro percorso della propria vita come quello che si fa quando ci si sveglia la mattina nella propria abitazione tra letto/bagno/ cucina/ecc. soffermandosi in alcuni punti importanti del proprio percorso, si osserveranno porzioni di spazio sulle quali non ci si sarebbe mai soffermati. Facciamo un  esempio di una delle tante esperienze fatte: riproducendo quel percorso domestico in uno spazio pubblico dove c’è il letto cosa c’è? Si trova un’erbetta dalla forma strana, cos’é? Cerco on line, è la Potentilla…che nome interessante, da dove viene? Quali sono le sue proprietà? E qui si dischiudono sorprese e geografie altrimenti impossibili da prevedere e pre-determinare…da allora ho scoperto che la Potentilla è quasi dappertutto. 
  • I luoghi degli uni si sovrappongono a quelli degli altri prendendo consapevolezza di quanto lo stesso spazio sia più luoghi: nel nostro esercizio il mio letto si trova nella cucina o nel parco giochi dell’altro. E’ un gioco? Sì certo, ma fino ad un certo punto: ogni luogo rappresenta qualcosa di diverso per ciascuno di noi. L’angolo di una strada è il luogo di un incontro importante per qualcuno, di un incidente per un altro, ecc.
  • Ci permette di vedere il disegno complessivo del gruppo di lavoro, le traiettorie che convergono nel punto di incontro, lo spazio nel quale nel presente ci troviamo tutti riuniti. In fondo lo spazio nel quale ci troviamo, nel presente, è sempre un punto di convergenza, un punto nel quale si concludono le traiettorie degli altri oltre che le proprie.
  • Il nostro muoverci nello spazio diventa un disegno, cioè un “progetto” non dettato, necessariamente, da percorsi pre-determinati dalle strade, i sentieri, la presenza di arredi. Permette di cominciare a ragionare sui propri spostamenti in altro modo (vedi le esperienze di Jodorovsky) e di sceglierli con maggiore consapevolezza (G. Debord) 
  • Quanto è sclerotizzato il nostro andare…che conseguenza ha sulla nostra capacità di interagire e agire con e nel mondo?